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Ambiente, Wwf: la deforestazione sta aumentando i disastri in tutto il mondo

Ambiente, Wwf: la deforestazione sta aumentando i disastri in tutto il mondo

L’Asia è il continente più flagellato da inondazioni, tsunami, alluvioni e siccità. Gli altri non se la passano tanto meglio. Il perché? Colpa della deforestazione incalzante.

A dirlo il Wwf, che fino al 24 maggio sosterrà il progetto ‘Cuore Verde dell’Africa’ con la campagna di raccolta fondi per il bacino del Congo, minacciato dall’abbattimento sregolato delle foreste.

L’associazione del panda ha disegnato la Mappa degli eventi naturali più disastrosi degli ultimi decenni analizzando l’effetto negativo sulle popolazioni locali e trovano nessi sempre più evidenti fra la deforestazione e le catastrofi naturali e/o dovute ai cambiamenti climatici.

A detta dell’ente internazionale, infatti, le foreste «svolgono servizi fondamentali: consolidano i versanti, contribuiscono a ricaricare le falde, contrastano l’erosione dei suoli, contribuiscono alla qualità dell’acqua, e, non ultimo forniscono cibo e combustibili».

«Una volta perduta questa ‘cintura di sicurezza’ verde – continua il rapporto del Wwf – le popolazioni colpite dagli eventi estremi diventano più vulnerabili sia ai fenomeni resi sempre più frequenti anche per i cambiamenti climatici, sia ai disastri naturali come tsunami e terremoti».

L’elenco degli episodi più gravi va dallo tsunami del 2004 a Sumatra a quello del Giappone nel 2011, dalle alluvioni in Bangladesh all’uragano Mitch nel Centro America: impressionante vedere il rapporto tra le catastrofi e l’alto tasso di deforestazione dei paesi colpiti.

«Secondo il Global Forest Watch l’uomo ha spogliato il pianeta del 30% della sua copertura forestali e di quel che rimane solo il 15% è ancora intatto – ha confidato la direttrice conservazione di Wwf Italia, Isabella Pratesi – Questo ha ridotto drammaticamente la capacità dei sistemi naturali di sostenerci e proteggerci ma anche darci riparo e aiutarci a superare i momenti di crisi, nei tanti casi di eventi estremi che sempre più flagellano il pianeta, come alluvioni, uragani e persino terremoti».

Il continente più flagellato, come si diceva, è l’Asia, dove la densità demografica e un uso insostenibile delle risorse stanno letteralmente massacrando la quota vegetativa presente nei paesi del vicino ed estremo Oriente. Cancellato, ad esempio, almeno il 35% delle foreste di mangrovie, autentici bacini di biodiversità e cintura protettiva delle coste tropicali.

In alcuni paesi, come l’India, le Filippine e il Vietnam la distruzione è arrivata addirittura al 50% del totale. A incidere sulla deforestazione asiatica, tra le altre cose, gli interessi delle lobby dell’industria dei gamberi surgelati, che hanno finito per abbattere le foreste e trasformare i terreni pianeggianti in enormi vasche di acqua salata proveniente dal mare per l’allevamento, con evidenti danni all’ecosistema.

Decisamente opposti gli esempi che vengono da Bangladesh e Giappone: il primo Paese, che è quello più densamente popolato al mondo, ha anche il più alto tasso di deforestazione, quasi il 95% di foreste scomparso, con evidente vulnerabilità ambientale e conseguenze gravi anche a livello socio-economico.

Il paese del Sol Levante invece utilizza le foreste per ridurre i rischi i disastri. 1300 km di coste giapponesi sono protetti da una cintura di alberi, che difendono l’immediato entroterra da tempeste di sabbia, venti salati, alte maree e dei frequenti tsunami.

Dopo il terribile maremoto del 2011, il Giappone ha cercato di migliorare, rafforzare ed estendere la cintura verde sulle coste, per evitare la ripetizione di tragedie che una più accurata regolamentazione dello sfruttamento delle foreste avrebbe sicuramente evitato.

Per l’Europa, comunque, non va tanto meglio. Secondo un recente rapporto dell’Unione Europea, l’effetto della deforestazione in Europa può avere conseguenze diverse da regione a regione, così scandite:

  • Nord Europa: inasprisce il clima, aumenta la forza dei venti, riduce le temperature invernali e aumenta lo spessore del terreno congelato con conseguente danno alle attività umane e produttive.
  • Europa centrale: riduce l’evapotraspirazione con un impatto sulle precipitazioni anche dei territori più interni e quindi sulla produttività agricola.
  • Europa mediterranea: ha un impatto sui sistemi climatici di tutta l’Europa e contribuisce alle ondate di calore che colpiscono il continente.

E qualcosa, dalle nostre parti, si comincia già a vedere.

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