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Riforme: il corteo delle opposizioni al Quirinale

Riforme: il corteo delle opposizioni al Quirinale

Le decisioni del Governo di ieri hanno scatenato delle forti contestazioni che sono culminate nel corteo delle opposizioni che si è diretto verso il Quirinale per protestare e per cercare di parlare con il Presidente della Repubblica Napolitano.

La protesta è nata dalla scelta del Governo di applicare la cosiddetta tagliola, uno strumento che permette di limitare ad un tot di ore gli interventi in Aula di ogni Gruppo, al termine dei quali si procede con il voto. In questo modo il Governo intende arrivare alla votazione finale entro l’8 agosto (secondo dei calcoli pare che siano necessarie almeno 115 ore di discussione).

Dal PD si giustificano dicendo che non era proprio possibile affrontare una discussione democratica se, tra gli altri, Sinistra Ecologia e Libertà presenta oltre seimila emendamenti, mantenendoli con intenti ostruzionistici fino alla fine senza ascoltare le richieste di riduzione. Ma la contestazione in Aula aumenta sempre di più, fino all’abbandono di parecchi senatori che, unendosi ai colleghi deputati che avevano già lasciato Montecitorio in segno di protesta, si sono diretti verso il Colle.

Il corteo delle opposizioni, una volta arrivato sotto il palazzo del Presidente della Repubblica, ha ottenuto che alcuni suoi rappresentanti (Vito Petrocelli del Movimento 5 Stelle, Loredana De Petris di Sel e Gianmarco Centinaio della Lega) venissero ricevuti al Quirinale, dove il segretario generale Marra ha promesso che riferirà al Presidente Napolitano le ragioni dei partiti della minoranza.

Il relatore del ddl Calderoli polemizza sulla scelta dell’esecutivo di procedere con il contingentamento dei tempi: prima di tutto per una questione di mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento e poi perché i tempi sono sbagliati (è impossibile approvare la riforma entro l’8 agosto con oltre cinquemila votazioni da affrontare).

Mentre il ministro Boschi scrive su Twitter che sulle riforme costituzionali l’ultima parola spetta comunque al popolo con il referendum, Renzi esprime ancora una volta la sua volontà di non fermarsi (anzi, si considera ancora più fiducioso) e di non gradire la dittatura della minoranza: anche se il voto dovesse slittare dopo le ferie estive dei senatori, la riforma si farà, nonostante le ostruzioni di chi dice sempre no.

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