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Musica, Premio Amnesty ’15 a Mannarino

Musica, Premio Amnesty ’15 a Mannarino

Bel riconoscimento per Alessandro Mannarino. Il cantautore romano ha vinto il Premio Amnesty International Italia ’15 grazie al suo brano Scendi giù.

Quella di Mannarino è una canzone di denuncia contro le violenze spesso subite dai detenuti delle carceri italiane e che a volte sfociano in terribili fatti di cronaca (il caso Cucchi, per esempio).

Il premio organizzato da Amnesty, che quest’anno festeggia i suoi primi quarant’anni di attività, pone al suo centro la musica come portatrice di un importantissimo messaggio: quello della sensibilizzazione sui diritti dell’uomo. Tema quanto mai doveroso da affrontare anche nel XXI secolo.

Mannarino, artista classe 1979, riceverà il prestigioso premio il prossimo 19 luglio a Rosolina Mare (Rovigo), durante la serata della diciottesima edizione di “Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty.

Dopo aver appreso la notizia, il cantautore romano già autore degli album Bar della rabbia, Supersantos, Capitolo uno e Al Monte, ha dichiarato di sentirsi davvero onorato. «Tra le mie canzoni Scendi giù è una di quelle a cui tengo di più, dopo quanto è accaduto negli ultimi anni».

Mannarino ha infatti ricordato i molti episodi orribili di uccisioni, torture e violenze commesse da fantasmi in divisa, abbiamo ascoltato sentenze di assoluzione più violente delle botte stesse. In particolare le sentenze sui fatti del G8 di Genova 2001 e le morti di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi lo hanno ispirato a scrivere questo testo.

Il cantautore, secondo le intenzioni dichiarate, ha voluto cercare con Scendi giù una giustizia non terrena, del tutto eterea, inutile ma implacabile: «la giustizia del pensiero, della fantasia, dell’arte».

Il testo parla infatti di un detenuto ucciso a botte dai secondini, che divenuto fantasma porta avanti la sua vendetta attraverso il sogno.

Mannarino ha concluso così: «Puoi fermare un corpo, puoi smembrare un movimento, ma i pensieri volano liberi, attraversano i muri e le sbarre. Quelli, i pensieri, non li puoi carcerare, non li puoi picchiare, non li puoi uccidere».

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