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Porto Torres, sequestrati 7mila tonnellate di rifiuti radioattivi

Porto Torres, sequestrati 7mila tonnellate di rifiuti radioattivi

Quota settemila a pochi passi dal mare. Tante sono le tonnellate rinvenute e sequestrate nell’area industriale di Porto Torres (Sassari), ora in attesa di bonifica.

Ne dà notizia il sindaco del grosso centro sardo, Sean Wheeler (M5S), che ha spiegato la localizzazione del deposito di rifiuti, di proprietà della Syndial (società controllata ENI che opera nel settore del risanamento ambientale), e anche le ragioni che hanno portato i carabinieri ad apporre i sigilli nell’area in questione.

Secondo il primo cittadino del comune del sassarese, Syndial non ha mai provveduto a mettere in sicurezza quell’area, nonostante sia stata sollecitata a più riprese nel corso degli anni. L’ultimo, in ordine di tempo, a chiedere l’applicazione delle misure di sicurezza è stato l’ex commissario straordinario del Comune di Porto Torres Luigi Deligia.

Come sottolineato da Wheeler, la controllata Eni non avrebbe neppure segnalato il deposito delle palte fosfatiche con l’apposita segnaletica obbligatoria da legge. Il guaio sono ora le conseguenze ambientali che una discarica di così grandi dimensioni rischia di avere – e in parte sta già avendo – sul territorio circostante.

Le operazioni di bonifica dell’area nel 2011 sembravano imminenti, dopo l’approvazione in via preliminare del progetto presentato dalla Syndial arrivato dal Ministero dell’Ambiente. La stessa amministrazione comunale di Porto Torres parlò di quell’annata come “l’anno delle bonifiche”.

La stessa relazione del rappresentante del ministero Mario Lupo sul progetto di bonifica parlava di «rilevanti criticità ambientali per la tipologia dei rifiuti stoccati nell’area nonché per la complessità della gestione sanitaria degli addetti agli interventi previsti».

La Regione Sardegna era dello stesso avviso e, oltre a far presente la necessità di campionare continuamente l’aria per rilevare eventuali contaminazioni, ravvisava: «occorre prestare particolare attenzione alle acque di lavaggio, che una volta impiegate devono essere sottoposte ad analisi per verificare la contaminazione da radionuclidi».

Come a dire: qualsiasi cosa fosse entrata in contatto con le palte fosfatiche, si sarebbe trasformata immediatamente in un rifiuto da smaltire in strutture apposite.

La preoccupazione dei residenti ai confini dell’area industriale si è protratta negli anni, visto che da allora sull’area ex Syndial non è stato fatto niente, come denuncia lo stesso sindaco Wheeler.

«Non si può far passare il tempo come se niente fosse, la lavorazione dei fertilizzanti al fosforo si è conclusa nel 1990, venticinque anni fa, mentre quella fabbrica è rimasta in vita appena 17 anni. Questo vuol dire che il tempo necessario a bonificare un’area contaminata è addirittura superiore a quello in cui la fabbrica è rimasta in vita».

Per la prossima settimana è convocata la Conferenza di servizi cui è demandato il compito di prendere le prime misure atte a mettere in sicurezza l’area.

L’ennesimo scempio all’italiana, figlio di una stagione di industrializzazione pesante e deregolarizzata che ha finito per creare mostri ambientali di proporzioni bibliche e dalle conseguenze purtroppo note a tutti: incidenza tumorale, sofferenze, morti. Nell’indifferenza solita delle istituzioni.

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